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IL MIGLIOR TRATTAMENTO E' LA CURA MULTIMODALE... | ||
La terapia per l'ADHD deve basarsi su un approccio multimodale che riesca a combinare interventi psicoeducativi con la terapia farmacologica nei casi di ADHD da moderato a severo.
Per decenni, soprattutto negli Stati Uniti, i farmaci sono stati utilizzati per trattare in modo specifico i sintomi dell'ADHD. In particolare tre farmaci, appartenenti alla categoria degli psicostimolanti, hanno dimostrato la loro efficacia sia nei bambini e i ragazzi che negli adulti: il metilfenidato (Ritalin), la destroanfetamina (Dexedrine o Dextrostat) e la pemolina (Cylert). La possibilità o necessità di trattare i bambini con ADHD con farmaci è ben scandita da un'affermazione, presente in un articolo su Psychiatric Times del luglio 1996, in cui il Prof. Barkley, eminente studioso che da trent'anni si occupa con grande competenza di ADHD, afferma in modo lapidario:
Le "Linee guida" formulate dalla Società Italiana di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza e recentemente divulgate dichiarano:
Nella pratica clinica, per la maggior parte dei pazienti - dal 70 al 90% - questi medicamenti riducono in modo drastico l'iperattività e migliorano la capacità di concentrazione, sia nel lavoro sia nell'apprendimento, la coordinazione fisica e i vari tipi di abilità richieste negli sport. Migliorano anche il controllo di comportamenti impulsivi o distruttivi nei soggetti con disturbo della condotta.
Alla luce di tali risultati si potrebbe concludere che il farmaco rappresenti la panacea, tutto quello, cioè, che può essere necessario nel trattamento dell'ADHD. Nella sostanza, questi farmaci non curano il disturbo, poiché migliorano solo temporaneamente i sintomi e, seppur permettono di prestare attenzione non possono aumentare la conoscenza o migliorare le capacità scolastiche. Da soli i farmaci non possono aiutare a far sentire i pazienti interiormente meglio (anche se indirettamente possono aiutarlo) o a fornire quelle specifiche competenze necessarie per affrontare i problemi, ad insegnare delle abilità sociali o aumentare la motivazione. Per raggiungere questi risultati, e che durino nel tempo, sono necessari altri generi di trattamenti e forme di sostegno che, molti clinici, raccomandano di usare assieme al trattamento farmacologico.
4) trattamento standard di routine ossia quello che avrebbero eseguito i pazienti sul territorio e che, per due terzi di essi, ha significato un trattamento con
psicostimolanti. Il gruppo trattato farmacologicamente ha ricevuto, almeno inizialmente, il metilfenidato
(Ritalin), che era dosato opportunamente e, in caso di mancata o inadeguata risposta clinica o comparsa di importanti effetti collaterali, sostituito con
destroamfetamina, pemolina, imipramina o altri farmaci, anche questi opportunamente dosati fino al raggiungimento di una risposta ottimale.
La conclusione tratta dagli esperti, analizzando i risultati, è che un intenso e frequente controllo della risposta, con sostituzione dei farmaci quando essa risultava inadeguata, e affinamento nei dosaggi, rappresenta un elemento fondamentale per l'efficacia del trattamento farmacologico stesso.
A conclusione, è possibile allora affermare che la terapia per l'ADHD deve basarsi su un approccio multimodale che riesca a combinare interventi psicoeducativi con la terapia farmacologica, nei casi di ADHD da moderato a severo.
Più precisamente, come ha dimostrato lo studio
MTA, i sintomi cardine dell'ADHD, disattenzione, iperattività e impulsività, andranno gestiti, nei casi sintomatologicamente più gravi, mediante terapia
farmacologica, mentre i disturbi eventualmente associati, specialmente i disturbi della condotta, dell'apprendimento, come pure i problemi d'interazione sociale, richiederanno terapie psicosociali e psicoeducative centrate sulla famiglia, sulla scuola e sul bambino. |
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